L’“attrattività” nella ricerca scientifica

La Casa Bianca taglia i fondi per la ricerca. L’Europa offre “asilo” ai ricercatori americani e rilancia gli investimenti in R&S. Giuseppe Magnifico, dirigente dell’Ufficio supporto alla ricerca e grant del Cnr, illustra le strategie che è possibile intraprendere affinché il sistema-ricerca sia attrattivo
La Casa Bianca, il 2 maggio scorso ha proposto tagli ai fondi federali sui livelli di finanziamento discrezionale per l’anno fiscale 2026. Tagli ingenti, che riguarderanno importanti enti di ricerca come Nasa, Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration), Epa (Environmental Protection Agency), Nsf (National Science Foundation), US Geological Survey, National Institutes of Health, Centers for Disease Control, Food and Drug Administration e università come Harvard, Princeton o Berkeley, che a breve potranno trovarsi costrette a interrompere progetti e chiudere laboratori.
La rivista scientifica “Nature”, ancora prima di questo provvedimento, sulla scorta di altri tagli già effettuati dall’amministrazione presidenziale alle ricerche su sostenibilità e cambiamenti climatici, il 27 marzo scorso aveva pubblicato i dati di un sondaggio, che delineavano uno scenario preoccupante: su 1.600 rispondenti, circa 1.200 (75%) avevano affermato di essere scienziati che lavorano negli Stati Uniti, intenzionati a lasciare il Paese. Un esodo annunciato, che vede l’Europa come destinazione di preferenza.
Così, nelle ultime settimane, diverse università dell’Unione Europea, in ordine sparso, hanno avviato vari progetti rivolti ai ricercatori americani. Una mobilitazione culminata con la presentazione, il 5 maggio, da parte della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dell’iniziativa “Chose Europe” un programma da 22,5 milioni di euro per attrarre scienziati dagli Stati Uniti, ma anche da altri Paesi, verso l’Unione.
Una mobilitazione che per l’Italia ha visto impegnato anche il Mur, con un bando da 50 milioni di euro rivolto a ricercatori italiani e stranieri attualmente impegnati fuori dall’Italia, titolari di Starting o Consolidator Grant dell’European Research Council, interessati a tornare o a trasferirsi nel nostro Paese.
Ma come si attraggono risorse, economiche e umane, nella ricerca? Se consideriamo gli indicatori demografici per l’anno 2024, pubblicati dall’Istat il 31 marzo 2025, osserviamo che negli ultimi dieci anni l’Italia ha registrato un saldo negativo di oltre 87mila giovani laureati; saldo che conferma l’indicazione data dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nel 2021, che aveva contato circa 33mila ricercatori italiani all’estero.
Per comprendere che iniziative è possibile attuare per migliorare le performance in questo ambito abbiamo parlato con Giuseppe Magnifico, dirigente dell’Ufficio supporto alla ricerca e grant (Usrg) del Cnr: “Più che di formula parlerei di strategia. Un piano coordinato e condiviso da molteplici attori che agiscono nel sistema ricerca e che perseguono uno stesso obiettivo, su più fronti e da prospettive di intervento multilivello. Chiaro è che un ruolo determinante lo svolge la classe politica, in ogni epoca e in ogni Stato, come ribadito in questo periodo da quanto sta accadendo negli Stati Uniti e da come sembrano rispondere i Paesi membri dell’Ue. Ma la governance da sola non basta”.

Quindi, che cos’altro serve? “Il fulcro della strategia non può che essere un sistema ricerca capillare e reticolare, in cui lo scambio biunivoco tra gli attori sia il modus operandi, in un confronto continuo tra coloro che la ricerca la fanno e la vivono ogni giorno, ovvero i ricercatori, e chi deve legiferare sul tema”, spiega il dirigente del Cnr-Usrg.
L’attrattività della ricerca scientifica è funzione di molte variabili, tra le quali trattamenti fiscali agevolati per investimenti in ricerca e sviluppo, meno burocrazia, meritocrazia nei processi di reclutamento. Ma cosa non può mai mancare affinché il sistema sia attrattivo? “Disponibilità di strumenti, qualità delle infrastrutture e accesso ai finanziamenti. Queste sono le condizioni di base per cui poter agire”, sintetizza Magnifico.
Come maggior Ente pubblico di ricerca nazionale, il Cnr è particolarmente attento al tema dell’attrattività della ricerca scientifica. Un ambito coordinato dalla Direzione centrale servizi per la ricerca, che in questo senso opera attraverso l’Unità valorizzazione della ricerca - che si occupa di brevetti e trasferimento tecnologico e che negli anni ha prodotto 361 famiglie di brevetti e 64 imprese spin off -, attraverso l’Unità accordi, convenzioni e partnership - che, tra gli altri, ha gestito per l’Ente 51 accordi bilaterali con 37 Paesi - e attraverso l’Usrg, che fornisce supporto alla rete scientifica per la partecipazione a bandi nazionali ed europei.
“Il supporto che il Grant Office offre alla comunità scientifica del nostro Ente è trasversale e costante in tutte le fasi della progettazione. Con l’attivazione della pagina SharePoint dell’Ufficio Supporto alla ricerca e Grant nel 2023, e dell’annessa Newsletter, abbiamo dato vita a un insieme di strumenti di informazione e comunicazione a supporto della rete scientifica prima, durante e dopo la partecipazione a bandi competitivi”, spiega il ricercatore, che illustra nel dettaglio in che modo funzioni questo supporto: “Supportiamo i ricercatori e i Grant Office locali informandoli delle opportunità di finanziamento, accompagnandoli durante la candidatura e, successivamente, divulgando sui nostri canali le storie di successo. Valorizzare le best practice è un valore aggiunto in cui crediamo molto, per questo stiamo lavorando per pubblicarle presto anche sul sito istituzionale, in modo che siano accessibili anche al pubblico esterno”.
Attrarre risorse è fondamentale per creare valore, dalla ricerca può infatti arrivare un ritorno economico diretto, come quello dei brevetti o delle idee che si trasformano in prodotti attraverso gli spinoff, ma anche uno indiretto, i cosiddetti spillover di conoscenza, ovvero le ricadute sulla società attraverso la ricerca applicata. Ma la ricerca, in sé, è un buon investimento, come sottolinea Magnifico: “La ricerca è un investimento, fondamentale. In primo luogo, per noi stessi e per i nostri figli, come il Covid ha insegnato. Quindi, prima che sui numeri, è un investimento sulle persone, sul capitale umano: in un’epoca in cui la tecnologia rischia di sfuggirci di mano, rimettere al centro l’individuo è essenziale perché il progresso sia veramente di tutti e per tutti”.
Fonte: Giuseppe Magnifico, Ufficio supporto alla ricerca e grant, [email protected]